Una disavventura che ha tenuto
con il fiato sospeso tutto il
Paese quella accaduta la scorsa
settimana nel bergamasco che
con protagonista Ottavia Piana,
rimasta bloccata a chilometri di
profondità nell’abisso di Bueno
Fonteno. Il fatto, che ha tenuto
alta l’attenzione dei media dalla
mattinata di domenica 15 dicembre,
ha destato particolare clamore
anche perché la stessa
speleologa bresciana aveva già
mobilitato i soccorsi specializzati
solamente un anno e mezzo prima,
mentre si trovava all’interno
della stessa grotta.
In entrambe le occasioni non
sono bastate le forze della delegazione
lombarda che ha richiamato
operatori da Piemonte (e
Valle d’Aosta), Veneto e Trentino.
A supportare il recupero c’era
anche un saviglianese: Federico
Gregoretti, in qualità di tecnico
del soccorso speleologico.
Per capire meglio quanto accaduto
ci siamo fatti raccontare
gli sforzi fatti negli scorsi giorni
dai tanti operatori coinvolti in
provincia di Bergamo.
Di cosa si occupa nella vita?
«La speleologia non è un lavoro,
ma è una passione che
coltivo ormai da anni. Nella vita
professionale, mi occupo di sicurezza
industriale: studiamo piani
di evacuazione sicura in imprese
come raffinerie, centrali
elettriche e in tutti i casi in cui ci
sia in atto una manutenzione.
Nel 2009 mi sono affiliato al
gruppo Cai torinese e qualche
anno dopo mi è stato chiesto di
seguire il corso per diventare un
soccorritore speleologico, erogato
su base regionale (la Valle d’Aosta
è da sempre abbinata al Piemonte,
ndr), ma che è uniformato
a livello nazionale. Questo è utile
perché durante operazioni, come
quella degli scorsi giorni, “parliamo
tutti la stessa lingua”».
L'intervista prosegue sul Corriere in edicola
Attualità Giovedì 26 Dicembre 2024 13:00 Savigliano