Può capitare a tutti. A un vicino di casa, un amico, un familiare. Può succedere anche a noi, nonostante la convinzione di aver adottato tutte le precauzioni per scongiurare questa possibilità. Scoprire di essere positivi al virus scombussola le nostre certezze. Accantonando gli aspetti clinici (da non sottovalutare), l’aver contratto il virus può scatenare sensi di colpa ingiustificati e reazioni emotive che non sappiamo gestire.
Aice Fantino, psicologa saviglianese (specializzata nella Psicologia dello Sviluppo, con studi a Bra e Genola), aveva collaborato con lo sportello d’ascolto attivato durante la prima ondata della pandemia. A lei, si sono rivolte diverse persone turbate dall’aver contratto il virus e preoccupate di essere veicolo di trasmissione soprattutto nei confronti dei propri cari.
Dottoressa, qual è la reazione più comune quando una persona scopre di essere positiva?
«Smarrimento. Improvvisamente, ci troviamo catapultati in una realtà che, quasi come forma di autotutela, pensavamo lontana. Poi, secondo la gravità dei sintomi, scattano altri meccanismi: se sono importanti, la persona inizia a preoccuparsi dell’evoluzione della malattia; se invece sono lievi, il pensiero corre alla necessità di riorganizzare la quotidianità, le abitudini, le routine. Senza dimenticare la preoccupazione nell’aver forse contagiato qualcuno, in particolare i nostri familiari. Questo perché viviamo sempre proiettati nel futuro, senza soffermarci sul presente».
Che cosa intende?
«Vivendo in una società del fare, il nostro primo pensiero è verso ciò di cui saremo privati, ciò che non potremo più fare. Invece, ritengo che sia importante vivere il momento, il qui e ora, ascoltare le nostre emozioni e pensare a ciò che si prova: paura, rabbia, tristezza. Sentimenti legittimi, che dobbiamo far venire a galla e affrontare».
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Approfondimento Martedì 1 Dicembre 2020 21:09 Savigliano