Il ceraio era, anticamente, l’artigiano che si occupava della produzione di torce, candele e lumini facendo uso di cera. Questa materia prima, elaborata era sottoposta a varie fasi di lavorazione. Innanzitutto si facevano fondere i favi, cioè le costruzioni esagonali che costituiscono il nido delle api, in acqua calda per eliminare le impurità. Sulla superficie dell'acqua, una volta raffreddatasi, si formava una focaccia di cera grezza che, disposta sopra il fuoco dentro una grande caldaia di rame, in cui era stata aggiunta dell'acqua, veniva fatta bollire fino a quando non si fosse completamente liquefatta. Era poi opera del ceraio mescolare con una spatola di legno la cera, al fine di non farla aderire ai bordi. Una volta che essa appariva ben fusa si colava nei tini di legno, dove riposava per alcune ore, prima di essere passata in un recipiente forato e versata nelle bagnatoie, da dove le fettucce di cera ottenute venivano prelevate per essere sbiancate. La fase della sbiancatura consisteva nel disporre all'aria aperta le fettucce di cera, o cordelle, sopra dei telai di legno quadrati coperti con delle tele.
Dopo che le cordelle, grazie all'azione sbiancante del sole, avevano raggiunto il giusto grado di bianco, il ceraio le riponeva nuovamente nelle caldaie dove venivano liquefatte. A questo punto il prodotto, colato prima nei tini e poi in una cassetta di rame stagnato, era pronto per essere sistemato all'interno di un contenitore con due manici e due becchi, lo scudellone. Questo attrezzo permetteva al ceraio di versare più facilmente la cera in stampi. Essi, dopo essersi coagulati ed induriti, erano utilizzati dal ceraio per creare candele. Il ceraio, dopo aver fissato i lucignoli di cotone sopra il recipiente della cera fusa, li immergeva più volte finché non avessero raggiunto una determinata dimensione. Terminata questa fase, mediante una lama di legno si creava la testa a ciascuna candela. I lucignoli, lasciati così scoperti, venivano infilati in uncini, affinché le candele potessero essere immerse nella cera fusa. Raggiunte le dimensioni desiderate ed arrotolate nuovamente, esse venivano riposizionate sul cerchio di ferro al fine di farle asciugare. La cera adoperata poteva tuttavia essere più o meno buona. Nel giugno del 1376, il Comune autorizzava un ceraio a stabilirsi in Savigliano per esercitare la sua arte, senza pagare tasse per cinque anni. Oltre all’artigiano era compresa anche la sua famiglia. Al tempo, visto l’alto numero di chiese e la grande richiesta di candele , queste maestranze erano molto cercate. Patrono dei cerai è san Giovanni evangelista.
Questo perché, per la profondità dei suoi scritti è stato tradizionalmente indicato come "il teologo" per definizione: con la sua visione descritta nell'Apocalisse, avrebbe contemplato la Vera Luce del Verbo. E’ simboleggiato da un’aquila, animale che si riteneva, potesse fissare direttamente la luce solare. Quindi proteggeva i cerai, i quali producevano oggetti portatori di luce.
Claudio Rocca
Mercoledì 21 Giugno 2017 12:00