Siamo nel 1095 quando nella zona compresa tra il saviglianese e il saluzzese infuriava un morbo, definito da san Tommaso “Fuoco Infernale” che causava lacerazioni nelle carni tali da sembrare ustioni. Nello stesso periodo, due nobili viennesi, tali Gastone e Gherardo, iniziarono l’opera di aggregare religiosi e laici che si adoperassero per cercare di guarire i contagiati.
Adottarono un abito nero, contraddistinto dall’antichissimo simbolo “τ” denominato “Tau”, di colore azzurro, detto “potenza”. Alcuni anni prima, nel 1070, vennero portate nella vicina Francia, alcune reliquie di sant’Antonio Abate. I sopracitati Gastone e Gherardo fecero così nascere l’ordine degli “Ospitalieri” per curare le persone colpite da quello che venne chiamato “Fuoco di Sant’Antonio”.
Dopo che molte persone vennero guarite da questi “ospitalieri”, l’ordine si diffuse dalla Francia al vicino Piemonte: il priorato dell’ordine era subalterno a Vienna.
Le prime notizie della presenza di quest’ordine in Savigliano sono del 10 maggio 1325, quando questi istituirono in zona “Rumacra”, ora zona Borgo Macra, una confratria per assistere gli infermi. Compare poi, nel catasto del 1461, una chiesa posta nel territorio del monastero di san Pietro, intitolata a sant’Antonio. Si sviluppò in città una profonda devozione al santo, tanto che nel 1305 il Comune istituisce una festa, durante la quale vengono benedetti gli animali della campagna per proteggerli da ogni malanno. Nell’agosto del 1514 viene concessa a Savigliano dal vescovo di Torino, attraverso il saviglianese Amedeo Gorena, una donazione: questo perché in Savigliano, al tempo prevalentemente agricola, si conservasse il culto al santo.Nel 1640 la chiesa dei padri antoniani viene distrutta dai francesi: le celebrazioni dedicate al santo vengono quindi ospitate dalla confraternita di santa Maria Assunta, tra il 1640 e il 1642 e per un periodo si celebrò in san Domenico, tra il 1642 e il 1651. Venne poi acquistata una piccola chiesa, oggi non più esistente, che si trovava nei pressi dell’attuale Confraternita della Pietà. I frati antoniani tennero, come fonte di reddito, un allevamento di maiali: questi erano utilizzati, riferisce il Turletti, per pulire la città e, altro motivo, erano allevati in onore al santo, ricordato anche come “sant’Antonio del porcello”.
L’antica chiesa non c’è più ma l’attuale confraternita ne continua la celebrazione come ricordo dell’antica tradizione. Il 27 marzo 1708, dopo la permuta dei terreni con i padri gesuiti, viene iniziata la costruzione della nuova chiesa: la Confraternità della Pietà. L’iconografia rappresenta il Santo con il bastone tipico degli eremiti, un maiale ai piedi, a simboleggiare il demonio, un campanello e la fiamma. Proprio a causa del simbolo del maiale, Sant’Antonio penne in breve il protettore degli animali domestici.
Ancora oggi si celebra, dal 1811, nel mese di gennaio, proprio in onore al santo, nel piazzale antistante la chiesa della Pietà, la benedizione degli animali, la quale richiama ogni anno, numerosi fedeli accompagnati dal loro animale domestico.
Claudio Rocca
Giovedì 15 Febbraio 2018 16:21