Il maniscalco, mestiere strettamente legato alla vita contadina, è oggi praticamente scomparso e se ne conserva soltanto il ricordo, anche se esiste ancora, ma si è trasformato sia nel modo di lavorare che nell'essenza del lavoro. Infatti all'epoca, esso non era solo colui che ferrava cavalli e buoi, ma era anche una persona che conosceva bene gli animali e non solo poteva operare ferrature che aiutavano il cavallo, ma al tempo stesso era una specie di veterinario, infatti a volte era l'addetto alla castratura e a risolvere piccoli problemi medici, infatti se il cavallo non mangiava era lui che pareggiava i denti oppure era sempre lui che lo tosava in estate e che con rimedi a volte empirici riusciva a risolvere questi problemi.
Era un buon conoscitore di cavalli, se questo era docile gli bastava tenerlo per le redini o per la cavezza, se invece era irascibile, gli metteva intorno al muso la mordacchia (turcemòsse) e la pastoia (pastore) alle zampe. Il maniscalco poi poggiava la zampa del cavallo su uno sgabello o sulla propria gamba e con uno scalpello (tagghiatura) gli toglieva le punte dei chiodi ribattuti sopra l'unghia, toglieva la muraglia dello zoccolo con l'incastro (rògne) e contemporaneamente provava a mettere sotto l'unghia il nuovo ferro. Quando si assicurava che la sua misura era ottimale, lo inchiodava prima con un chiodo centrale e dopo, man mano, con gli altri. Infine conficcava otto chiodi con il martello e con la tenaglia tagliava le punte lasciandone un po' per ribatterle sull'unghia, per fissare meglio lo zoccolo.
Pensiamo solo al fatto che i ferri rappresentavano un qualcosa di veramente importante tanto che erano marchiati in modo da identificarne la provenienza. La forgiatura è un’arte unica... Far combaciare perfettamente l’orlo plantare con la faccia superiore del ferro, appoggiato ancora rovente sul piede dell’animale, comporta un’operazione di grande ingegno. Non si può sbagliare per non provocare scottature pericolose. A Savigliano, tra gli altri, operavano i maniscalchi Rattalino, Vaira, Novaretti e Tortone, nelle loro botteghe di via Muratori, via Saluzzo e via Palestro.
Patrono dei maniscalchi è sant’Eligio: il santo muore nel 660 e dopo la sua morte tanti lo vollero come patrono, non solo gli orafi, ma in pratica tutti gli artigiani dei metalli, i carrettieri, i netturbini, i mercanti di cavalli, i maniscalchi. Gli vengono anche attribuiti persi miracoli di guarigioni su dei cavalli. In alcune località francesi si dà la benedizione ai cavalli nel giorno della sua festa.
Claudio Rocca
Mercoledì 17 Maggio 2017 12:04