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Carmelitani scalzi di Santa Teresa

  Carmelitani scalzi di Santa Teresa

Tra gli ordini mendicanti che andavano insediandosi nelle principali città della nostra zona troviamo anche i Padri Predicatori scalzi di Santa Teresa. Questa congregazione si stabilì in Mondovì nel 1621, in Torino nel 1623, in Cavallermaggiore nel 1644 e in Asti nel 1646. Vennero successivamente in Savigliano con l’intenzione di stabilirvisi. Fin dal 1622 il rettore di San Giovanni Angelo Fachiure, fece organizzare nella sua chiesa parrocchiale la Pia Società di Nostra Donna del Carmine. Si recò poi in Cavallermaggiore a prestare opere presso la locale parrocchia della Madonna del Carmine, in cambio del permesso di raccogliere offerte in città allo scopo di poter realizzare il convento in Savigliano. Nel frattempo venne in Savigliano il teologo e consigliere di Carlo Emanuele II padre Andrea Costaguta, qui inviato dal padre Carmelitano di Torino: questi eresse una croce nel luogo scelto per l’edificio religioso, nel quartiere di San Giovanni. I carmelitani iniziarono a comprare vecchi edifici da abbattere sul luogo scelto per la costruzione. Ricorsero all’appoggio della duchessa Cristina di Francia, benefattrice del convento torinese dell’ordine, la quale scrisse una delibera favorevole all’attuazione del progetto dei Padri Carmelitani. Contemporaneamente fecero ricorso al priore di San Domenico, al tempo principale autorità religiosa in città, al quale scrissero, allegando le documentazioni dei consensi ottenuti dalla Cristina di Francia e dal conte Muratori. Esistevano però in città già quattro ordini mendicanti: domenicani, francescani, agostiniani e cappuccini e pertanto non si potevano aprire altre case religiose senza il preventivo consenso degli ordini già preesistenti. I superiori di tali ordini scrissero a Roma, con l’appoggio della locale Curia: il 27 luglio del 1647 e successivamente il 9 agosto, padre Levino comunicò tramite lettera alla duchessa Maria Cristina e a padre Costaguta l’impossibilità di stabilire in città l’ordine carmelitano. Il fatto che non si sia potuto costruire un convento per i padri carmelitani in città è testimoniato nell’opera di padre Gallateri “Storia del convento di san Domenico” dove si cita la concordia tra i quattro ordini presenti in Savigliano nell’opporsi all’insediamento di un quinto ordine in città. Svanì così il progetto di lasciare alla città un altro grandioso edificio conventuale. La scarsa somma raccolta per la costruzione, la contemporanea occupazione francese della città e la distruzione dei sobborghi Rumacra, Marene e Pieve fecero definitivamente desistere i carmelitani dall’intenzione di stabilirsi in città, essendo impossibile ottenere altre offerte dai cittadini per la suddetta costruzione. 


Claudio Rocca


                                                                                                                                                                                                                                                 

Giovedì 15 Febbraio 2018 15:59  


Rubrica: Monaci e monasteri a Savigliano
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